di Apostolos Apostolou
Professore di Filosofia
Spesso quando si parla dell’amore si confonde con la sessualità (per esempio la psicoanalisi, la passione. Freud ha fornito a ciò una giustificazione teorica, riducendo l’amore a eros e l’eros a libido, a pura pulsione sessuale che lotta contro ogni repressione e inibizione.) Però abbiamo due facce dell’ amore, come eros, e come agape. Agape, troviamo questa parola per la prima volta nell’opera di Sofocle Edipo a Colono e nell’opera di Euripide Alcesti, e poi troviamo la parola nell’ età ellenistica di Egitto. Agape non significa solo amore, disinteressato, fraterno, o smisurato, ma anche referenzialità autotrascendente. Perché l’agape è l’autotrascenda l’individualità – naturale, determinata ed esista come autodisposizione alla relazione e al dono di sé. La differenza tra amore e agape non c’è. Perché amore non è solo il desiderio che ha il carattere del bisogno, ma proprio è maggiormente con il significato di domanda. Il desiderio è “domanda d’amore” secondo di Lacan. Dicendo indicativamente Lacan che il desiderio connette il bisogno con la domanda, ma significa che nell’ uomo il bisogno ha carattere relazionale, ha un carattere “trapassa verso” l’ altro. Ecco perché nella Patrologia Cristiana eros e agape è un desiderio dominante della esistenza di una vita – come – relazione è mediato dal bisogno della vitalità. lo Pseudo Dionigi Areopagita scriverà che “Dio è eros ” [1] , sostituendo questo termine a quello di agape nella celebre frase di Giovanni (1 Gv 4,10). Però secondo Platone la parola «agape» non c’è. Eros secondo Platone costituisce il presupposto vitale. Nell’accezione nobile (secondo Platone) esso indicava l’amore per la bellezza, la forza che tiene insieme il mondo e spinge tutti gli esseri all’unità, cioè quel movimento di ascesa verso il divino. Platone scrive: «Perciò, in quanto figlio di Poros e di Penìa, Amore si trova in questa condizione: in primo luogo è sempre povero e tutt’altro che tenero e bello, come invece ritengono i più, anzi è aspro, incolto, sempre scalzo e senza casa, e si sdraia sulla terra nuda, dormendo all’aperto davanti alle porte e per le strade secondo la natura di sua madre, e sempre accompagnato dall’indigenza. Invece per parte di padre insidia i belli e i virtuosi, in quanto è coraggioso e ardito e veemente, e cacciatore astuto, sempre pronto a tessere intrighi, avido di sapienza, ricco di risorse, e per tutta la vita innamorato del sapere, mago ingegnoso e incantatore e sofista; e non è nato né immortale né mortale, ma in un’ora dello stesso giorno fiorisce e vive, se la fortuna gli è propizia, in altra invece muore, ma poi rinasce in virtù della natura del padre, e quel che acquista gli sfugge sempre via, di modo che Amore non è mai né povero né ricco, e d’altra parte sta in mezzo fra la sapienza e l’ignoranza. » (Platone, Simposio, 203c-d-e, trad. it. Franco Ferrari). Fedro inizia la sua dissertazione.”Così io sostengo che Amore è il più antico fra gli dei, il più meritevole di onore e quello che è più padrone di spingere gli uomini da vivi e da morti, all’acquisto della virtù e della felicità.” Per Fedro l’amore è un dio, più grande di tutti gli dei, più antico di tutti gli dei. Dice: “è talmente forte l’amore che gli eserciti dovrebbero essere fatti da amanti e da amati, allora sarebbero degli eserciti invincibili”. Qual è il segno dell’amore? Il sacrificio. Per Fedro il sacrificio è il più grande segno d’amore e porta come esempio Alcesti. Alcesti aveva un marito, Admeto, che doveva morire. E lui chiese ai suoi genitori: “Per favore, genitori miei, potete morire al posto mio?”. E i genitori gli hanno detto di no. Invece la moglie lo fa. Alcesti muore al posto del marito. È così ammirata dagli dei, che la premiano e, dopo un po’, la riportano in vita. Lacan descrive il sacrificio dell’ amore cosi: L’amore è dare ciò che non si ha, e non si può amare se non facendosi non averti, anche se si ha.
Con l’amore il desiderio trascende lo scopo della pulsione,e con altre parole possiamo dire che, non si esaurisce nel soddisfacimento degli impulsi, perciò incorpora le pulsioni per la vita della mancanza. La complicata metafora dell’amore è questa inversione di posizioni: quando l’oggetto diventa soggetto, secondo Giancarlo Dotto. E come lui dice è lì, quando la mano protesa dell’amante evoca «il ceppo» che brucia dell’amato, è lì che si compie per un attimo il miracolo dell’amore. L’amore, per il Lacan errante e transitorio del suo ottavo seminario pubblico, non somiglia a quello di Freud, arreso nella ripetizione dello scacco, nella partita a perdere di Narciso allo specchio, condannato a trovare se stesso nell’altro. (Giancarlo Dotto Giornale la Stampa.) Secondo le leggende più antiche, poi, dal Caos fu generato anche Eros , il dio dell’amore che colpiva con le sue frecce gli uomini e gli dei e li faceva innamorare; altre leggende lo vogliono nato da Afrodite e Ares, ma in ogni caso Eros è simbolo della forza dell’amore che fa girare il mondo, dà la vita e sconvolge l’esistenza, visto che le frecce di Eros portavano un bello scompiglio. Eros o amore non è promessa e non è dedito. Anche l’agape non salve e non custodisce l’eros nella prosa del quotidiano come scrivano molti psicologi. Un greco filosofo scriveva che l’ eros è una forza centripeta, che trascina il mondo circostante verso di sé, l’ agape è, invece, una forza centrifuga, capace di andare verso ciò che la circonda. Molti teologi dicono che eros e agape sono due facce di un’unica realtà e stanno di loro in rapporto dialettico. Il dialettico tra eros e agape apre la possibilità o forse la necessità di un duplice cammino: vivere l’eros nell’orizzonte dell’agape. Non c’è questa differenza che dicono e scrivono molti, cioè l’ eros è una relazione che vede il “sé” al primo posto, perché l’ eros è egocentrismo, e l’ agape invece mette l’ “altro” al primo posto è allocentrismo.
L’amore è un ascolto “empatico” che genera effetti positivi è una attenzione anche al proprio sentire. Il greco poeta Odisseas Elitis (premio nobel) scrive:
È presto ancora in questo mondo, mi senti
I mostri non sono stati domati, mi senti
Il mio sangue perduto e l’affilato, mi senti
Coltello
Come ariete corre nei cieli
E delle stelle spezza i rami, mi senti
Sono io, mi senti
Ti amo, mi senti
Ti prendo per mano, ti conduco, ti metto
La bianca veste nuziale di Ofelia, mi senti
Dove mi lasci, dove vai e chi, mi senti
Ti tiene per mano lassù tra i diluvi
Le gigantesche liane e la lava dei vulcani
Verrà giorno, mi senti
Che ci seppelliranno e poi, dopo migliaia di anni, mi senti
Non saremo che pietre lucenti, mi senti
Dove si rifrangerà l’indifferenza, mi senti
Degli uomini
E migliaia di pezzi da buttare, mi senti
Nell’acqua ad uno ad uno, mi senti
Conto i miei amari ciottoli, mi senti
E il tempo è una grande chiesa, mi senti
Dove le icone a volte, mi senti
Dei Santi
Piangono lacrime vere, mi senti
Le campane aprono in alto, mi senti
Un profondo valico per lasciarmi passare
Gli angeli aspettano con ceri e salmi funebri
Non me ne andrò via di qui, mi senti
O insieme tutti e due o nessuno, mi senti
Questo fiore della tempesta e, mi senti
Dell’amore
Una volta per sempre lo cogliemmo, mi senti
E non potrà più fiorire, mi senti
Su altri pianeti o stelle, mi senti
Non c’è la terra e neppure il vento
Lo stesso vento che toccammo, mi senti
E non un giardiniere che ci sia riuscito, mi senti
Da inverni e bore simili, mi senti
Spuntare un fiore, solo noi, mi senti
In mezzo al mare
Con la sola volontà dell’amore, mi senti
Alzammo intera tutta un’isola, mi senti
Con grotte, promontori e rupi in fiore
Senti, senti
Chi parla nelle acque e chi piange – senti?
Chi cerca l’altro, chi grida – senti?
Sono io che grido ed io che piango, mi senti
Ti amo, ti amo, mi senti. [2]
L’amore ha saputo preservare la sua dose di liberta. L’amore non s’è mai separato da una certa clandestinità, battezzata intimità. Oggi la scintilla della passione amorosa si spegne sotto le ceneri della falsa comunicazione.
Punti:
1 Pseudo- Dionigi Areopagita, I nomi divini, IV,12 (PG, 3, 709 ss.)
2 O.Elitis Monogramma, Traduzione P.M.Minucci.